Il premio Hugo 2016 è un romanzo il cui punto forte non sta certo nell’innovazione. Primo tomo di 500 pagine di una trilogia di stampo epic fantasy ma dai toni apocalittici, La quinta stagione rientra appieno nel trend ormai decennale che domina il mercato e le classifiche di vendita della lettera forte dell’acronimo SFF, la F di Fantasy. Alle volte però a fare la differenza nella fuga per la vittoria è il fattore umano, anche se in passato a N.K. Jemisin era pesato come un macigno. Osteggiata in quanto donna, afroamericana e blogger di stampo politico e per aver denunciato apertamente le istanze razziste di Vox Day (che le diede della educated but ignorant savage), il nuovo ciclo della Jemisin ha avuto la forza di sbaragliare la concorrenza del lanciatissimo Uprooted, nonostante l’ala conservatrice più estrema di scrittori e lettori di genere non abbiano certo dimenticato il suo discorso e non ne abbiano certo favorito la nomination.
Il fattore vincente della Jemisin risiede nella sua crescita professionale, oltre che nella sua esperienza umana. Pur avendo lasciato i precedenti impieghi per dedicarsi alla scritto solo nel maggio 2016 (grazie a una campagna su Patreon) e pur avendo alle spalle solo una cinquina di romanzi, la scrittrice statunitense l’ha spuntata mettendo sul piatto il romanzo con meno punti deboli e la struttura più solida del 2016.
Il primo capitolo della The Unbroken Earth Trilogy è però più di un solido romanzo ben scritto: è una storia che funziona per la maestria con cui la sua autrice piega la struttura narrativa e cronologica della storia ai suoi bisogni, manipolando le percezioni del suo pubblico.

La terra ininterrotta è un unico, mastodontico continente, l'Immoto, su cui l’umanità tenta di sopravvivere da millenni. Cataclismi naturali e eventi meteorologici violentissimi sono così frequenti che solo quelli che riguardano gran parte della popolazione e riescono a metterne in dubbio la sopravvivenza si guadagnano l’appellativo di Stagioni. Le quinte Stagioni del titolo scandiscono la storia di quanti ce l’hanno fatta a resistere a anni di carestie, buio e gelo che inondazioni, disastrosi terremoti, eruzioni vulcaniche, funghi o altre piaghe bibliche hanno generato.
Il continente è anche una distesa di fallimentari esperimenti passati, le rovine delle deadciv. Dagli errori delle civiltà passate però non si impara nulla, perché la loro scomparsa ne decreta il fallimento e l’oblio; perciò, le rovine vengono ignorate come i misteriosi obelischi che qua e là fluttuano nell’aria, grandi vestigia di progetti urbani distrutti dalle stagioni.
L’opulenza architettonica contraddistingue anche Yumenes, l’attuale capitale di una lunga striscia di città e comm (comunità) equatoriali che hanno resistito indenni per sette Stagioni, allargando la propria influenza sull’intero continente. L’orgoglio di Yumenes è quello di aver superato e addirittura mitigato gli effetti delle Stagioni. L’arma segreta della città superba e dispotica sono gli orogeni, esseri umani dotati di una ghiandola alla base del cervello che li pone in profonda connessione con l’ambiente circostante e in particolare con la terra. Gli orogeni possono non solo percepire i movimenti delle placche tettoniche e i componenti degli strati geologici del suolo sotto i loro piedi, ma possono anche manipolarli, scatenando terremoti oppure stabilizzando la situazione.
Considerati da secoli mostri dalla popolazione che vorrebbe linciarli e esseri subumani da sezionare dalla comunità scientifica, gli orogeni costretti a riprodursi tra di loro o scampati all’omicidio nei comm dopo l’uso dei loro poteri vengono allevati nel Fulcro di Yumenes. Questa organizzazione paramilitare addestra e sorveglia gli orogeni per mezzo dei Guardiani, loro protettori e aguzzini. Gli orogeni, rigidamente sottoposti a una serie di esami per stabilirne la forza e il grado di controllo della loro abilità, sono l’unità base di una rete di nodi che protegge incessantemente Yumenes e il suo impero, assestando ogni movimento della faglia e intervenendo per mitigare gli eventi climatici più violenti.
Da queste premesse è facile intuire che The Fifth Season ruota attorno alla serie infinita di soprusi (davvero alle soglie del grimdark) che gli orogeni sostengono per garantire la sopravvivenza di tutta la popolazione. Il romanzo infatti fluisce dal triplice punto di vista degli orogeni: la giovane Damaya, salvata da un Guardiano e appena inserita nel Fulcro, la promettente Syenite, orogene alla sua prima missione all’esterno del Fulcro e costretta ad essere la partner di letto di un suo superiore e Essun, una 40enne che rientrando a casa trova il proprio figlio percosso a morte dal suo stesso padre, probabilmente dopo aver rivelato i poteri ereditati dalla madre, che li ha sempre taciuti al coniuge e alla comunità dove si nascondeva.
Se la forza di The Fifth Season sta nelle 3 protagoniste, continuamente vessate dalla furia degli elementi naturali e dalle logiche oppressive delle comunità umane in cui vivono, il romanzo si regge tutto su una potente nota dissonante, che rompe equilibri e disorienta il lettore con un vero e proprio terremoto in apertura. Ben prima di avere un chiaro quadro generale di cosa succeda sul continente e di come funzioni l’impero di Yumenes, il lettore sa che si tratta di storia passata, di una deadciv inconsapevole di esserlo. Infatti, nello spiazzante capitolo d’apertura una persona misteriosa causa una nuova Stagione, radendo al suolo Yumenes e scatenando un cataclisma che darà il via a una Stagione che gli orogeni percepiscono come senza precedenti: questa apocalisse durerà millenni e non c’è nessuna comunità umana davvero pronta a sopravviverle.
Solo in uno dei 3 POV (punti di vista) di cui è composto il romanzo però Yumenes è stata distrutta ed è accaduto così di recente che nessuno ha ancora compreso davvero la gravità di quanto è successo. Essun si ritrova infatti a dare la caccia al marito infanticida e rapitore dell’unica figlia rimastale mentre il panico monta silenzioso tra i sopravvissuti della nube di cenere che cala da nord, da dove continuano a non arrivare notizie e nemmeno sopravvissuti
I capitoli dedicati a quella che è forse la protagonista delle protagoniste, Essun, si fanno notare anche per essere narrati in seconda persona singolare. Oltre che a rafforzare l’immedesimazione del lettore in personaggi sfaccettati, induriti dalla violenza che li circonda e feriti dalla mostruosità loro attribuita, questa scelta inconsueta rivelerà la sua valenza (tutt’altro che estetica) al lettore solo nel gran finale. lievemente guastato dal rimanere apertissimo dopo tanta azione serrata.
The Fifth Season sarebbe un libro discreto se seguisse il viaggio delle sue tre protagoniste psicologicamente complesse e accattivanti nel super continente. Il suo valore aggiunto è la professionalità con cui la scrittrice lo rende un viaggio anche per il lettore attraverso una linea temporale volutamente frastagliata e continuamente squassata da rivelazioni improvvise. Per unire tutti i punti, checché pensiate di aver capito a lettura in corso, servirà davvero tutto il romanzo, che vi consegnerà un nuovo, grande protagonista, il cui volto è rimasto celato fino alla fine.
Non mancano poi i personaggi maschili, sia chiaro. Anche se Maxime, Jija, Schaffa, Nao e soprattutto Alabaster rimangono delle spalle per le 3 protagoniste, sono anch’essi figure a tutto tondo, con una loro agenda e una notevole dose d’ambiguità circa il loro rapporto con le rispettive compagini. Insomma, tutt’altra cosa rispetto a quei romanzi in cui sono le ragazze a fare da delicata cornice accessoria a un cast tutto al maschile. Certo non ci fanno un figurone e tutti finiscono per tentare di sottomettere o manipolare Damaya, Syenite e Essun, che d’altro canto non sono poi questi stinchi di santo.
Un’ultima nota sul sottogenere in cui rientra The Fifth Season. Come molti romanzi degli ultimi anni, sulla carta è un epic fantasy con un’atmosfera tra il distopico e l’apocalittico ma, a lettura ultimata, non serve nemmeno troppa immaginazione per attribuirgli una connotazione fantascientifica, così come può accadere per Barsk o la trilogia A Land Fit For Heroes di Richard K. Morgan. Argomentare per bene questa affermazione sarebbe uno spoiler micidiale, quindi vi tocca fidarvi sulla parola. Diciamo che la descrizione del supposto potere magico degli orogeni e del loro intervento sulla geologia di questo mondo è un po’ troppo coerente a livello scientifico e un po’ troppo rigoroso per non far venire il dubbio di essere stati ingannati circa un altro passaggio della linea temporale. Si tratta di un trend piuttosto consistente della produzione degli ultimi anni (un vorrei scrivere fantascienza ma la spaccio per epic fantasy perché c’ho un mutuo da pagare?), ma non se ne può mai parlare perché implica sempre una dose incredibile di spoiler.
Lo leggo? In un anno orfano di un vero e proprio capolavoro, The Fifth Season per la sua complessità e ottima fattura si merita sicuramente i riconoscimenti raccolti. Anche solo per aver provato che con una scrittrice di razza al timone, i presupposti di un canovaccio già utilizzato fino allo sfinimento possono trasformarsi in un romanzo avvincente, con qualcosa di forte da dire. Leggerò senz’altro The Obelisk Gate, il volume successivo.
Ci shippo qualcuno? No, ma anche a livello emotivo e affettivo questo romanzo si spinge in territori contemporanei con grande naturalezza e efficacia. Insomma, la vecchia guardia potrebbe anche sedersi e prendere appunti.
da https://gerundiopresente.wordpress.com/2016/09/25/recensionando-the-fifth-season-di-n-k-jemisin/

Nora Keita Jemisin (Iowa City, 19 settembre 1972) è una scrittrice di letteratura fantastica statunitense.
I suoi lavori esplorano un'ampia varietà di temi inclusi i conflitti e l'oppressione culturale. Ha vinto numerosi premi per i suoi lavori inclusi premi Locus e Hugo.
Nel 2010 il suo racconto breve Non-Zero Probabilities è stato un finalista per i premi premio Hugo e Nebula per il miglior racconto breve. Il suo romanzo di debutto, I centomila regni (The Hundred Thousand Kingdoms), fu candidato al Nebula nel 2010 e inserito nella lista breve per il Premio James Tiptree Jr.. Nel 2011 è stata candidata al Premio Hugo, Premio World Fantasy, e il Premio Locus, vincendo il Locus Award per il miglior primo romanzo. The Hundred Thousand Kingdoms ha vinto anche il premio Sense of Gender nel 2011.
Nel 2016, il suo romanzo La quinta stagione ha vinto il premio Hugo per il miglior romanzo, rendendola la prima autrice afroamericana a vincere un premio Hugo in questa categoria. I due seguiti, Il portale degli obelischi e Il cielo di pietra, hanno vinto rispettivamente il premio Hugo per il miglior romanzo nel 2017 e nel 2018.


Candidati | |||
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Cover | Titolo | Autore | Descrizione |
Cuore oscuro (Uprooted ) | Naomi Novik | ||
Ancillary Mercy | Ann Leckie | ||
Seveneves | Neal Stephenson | ||
The Cinder Spires: The Aeronaut’s Windlass | Jim Butcher | ||